Parte 1 di Il Paese
La tradizione ed Elouise
Iniziare a raccontare una storia significa iniziare a ricordare, inventare, creare, generare o meglio plasmare la realtà con finzione, come si fa al giorno d’oggi, dove si ride, si urla in nome del divertimento, tralasciando la pietà per l’essere umano.
Distante non molto da dove siete seduti ora, esisteva ed esiste tuttora un paesino di circa cento abitanti, tutti di un certo status sociale, ognuno dei quali aveva e ha un suo appezzamento di terra, diviso negligentemente da cancellate di ferro battuto o da mura di sassi, che richiamavano gli antichi poderi scozzesi. Preferisco utilizzare l’imperfetto per descrivere questo imperfetto racconto, il quale può essere comune a tante altre storie del nostro paese, di qualsiasi paese del mondo.
Non soffermiamoci su peculiarità irrilevanti e neanche sull'apprendere i nomi di tutti i cento abitanti, essendo gente burbera, che con il trascorrere degli anni aveva trasformato il paesino in una ermetica meta turistica.
Il fatto è che nessuno era ben accetto, e i soli individui che si “salvavano”da questa esclusione, erano le nuove nascite degli stessi abitanti, che sarebbero diventate a loro volta sostenitori di tale principio di isolazionismo e di proclamazione di straniero come nemico pubblico.
Se poteste vedere il paese, capireste bene il motivo di tale comportamento da parte dei paesani. Non potendo ammirare ciò, immaginatevi campi, colline verdi, boschi, che accerchiavano il paese e le piccole fabbriche di artigiani dediti alla sussistenza del paese. La natura vinceva il contrasto con la progressione veloce e stridente dell’industrializzazione, dell’informatica e dell'irrefrenabilità umana.
La particolare bellezza del paese era però il lago di origine vulcanica, che si mostrava in colori diversi nelle varie stagioni. Si poteva ammirare uno stupendo azzurro in primavera, un verde in estate e un blu intenso in autunno, che per incanto e gioia dei bambini si trasformava in bianco ghiaccio durante tutto l’inverno.
Nei giorni di soleggiato riposo si radunavano attorno al laghetto tutti i cittadini, per rilassarsi e pescare. Si ritrovavano nei campi circostanti tovaglie usate come coperte, con sopra qualsiasi pietanza prelibata, rigorosamente del paese; prelibatezze fatte dalle mogli massaie che si occupavano rigorosamente della gestione della casa e dei figli.
Proprio durante queste giornate i padri insegnavano ai figli come mettere le varie esche per pescare il loro pesce; perché nel lago viveva solamente una specie di pesce. Orgogliosi e con un senso di sentimento e di patriottismo per il lago e il paese, i padri spiegavano con occhi sgranati d’amore le particolarità del pesce, dando involontariamente benefici, accostando un brutto e semplice animale a una carpa magica e misteriosa. Tale particolarità fu smentita dall'unico pescatore straniero del paese limitrofo, che riuscì a scappare a gambe levate con un incredibile esemplare in mano, seguito dall'esercito di cittadini accorti della violazione illecita. Sta di fatto che il sopravvissuto, oltre che pescatore era anche un eccezionale cuoco. Egli provò a cucinare il pesce, ma nel mangiarlo rischiò di perdere il senno a causa del disgusto per quel sacro animale del paese solitario. Dalle corsie dell’ospedale lo si sentiva urlare e sputacchiare di qua e di là per togliersi quel gusto sgradevole.
Al palato dei cittadini il pesce rimaneva il piatto più ambito e desiderato e il momento della cattura diventava attimo di gioia per tutta la famiglia, ma causa d’invidia per i concittadini.
Il solito e unico pesce, la solita routine cadenzata dalla luce e dal buio, le solite persone che, con “l’andare” naturale dei vecchi e “il divenire” dei giovani, rimanevano sempre cento o poco più. La solita politica, i soliti consumi e idee facevano parte dell’orologio analogico del paese, più lento e in deficit rispetto a quello digitale della nazione, del mondo e dell’universo.
Gli anni scanditi dall'orologio del paese passarono e senza novità rilevanti, calmi e pacati, portarono fino ad un giorno di primavera, quando, alle luci del mattino rinfrescato dalla tipica brezza tiepida, nacque una meravigliosa bambina di nome Elouise. Può una persona cambiarne cento? Sta di fatto che tutto nel paese stava per cambiare. Ed è doveroso iniziare a parlarvi della ragazzina, la protagonista della nostra storia.
Già dai primi anni della sua infanzia Elouise presentava una spiccata ironia, sensibilità, ma soprattutto un’intelligenza causata da un’irrefrenabile curiosità.
All'età di quattro anni sapeva già scrivere e leggere ed era diventata inoltre un’ottima pescatrice. Per tale dote era complimentata dai più vecchi pescatori del paese. Riusciva a catturare un pesce solamente con l’utilizzo di un vermicello, una lenza e un filo, solamente con l'appassionata purezza della giovinezza riflessa in ogni zampillo e in ogni riflesso.
I libri non erano certo molti nella biblioteca del paese e i pochi erano molto vecchi e in lingua antiquata. Non era un problema; la piccola Elouise li aveva letti tutti nei pomeriggi invernali, quando il tempo doveva essere riempito all'interno delle mura. Spesso si sentiva stringere in quella casa, un mondo troppo piccolo per contenere la sua persona.
All'età di sette anni trovò un rimedio per ovviare quel malessere: inventarsi storie fantastiche.
In un primo momento cercava di creare la storia nella sua mente, facendo partecipare al mondo inventato personaggi con caratteristiche simili ai paesani, intrisi della loro banalità e circolarità del tempo. Ma con il crescere dell’età le storie prendevano sempre più colori nuovi e vivaci. Era diventata una cantastorie e ora aveva bisogno di materia per dare forma ai suoi racconti.
Cercò per settimane e settimane un quaderno con fogli bianchi per poter scrivere le sue storie. Un giorno lo trovò quasi per caso, aprendo un baule nella cantina. Fogli gialli per la vecchiaia e copertina verde scuro che richiamava il bosco amato nel paese. Quel quaderno diventò il libro, il suo mondo, la sua vita parallela al paese.
Ho tralasciato una cosa forse importante. Raggiunti i vent'anni Elouise era imparagonabile; il motivo? La sua estetica, la sua figura femminile, i suoi lineamenti, imbarazzanti per chi li guardava e di nascosto li adorava. Lei era assolutamente meravigliosa. Chi può dire se fu ciò che iniziò a far muovere velocemente le lancette dell’orologio del campanile del paese. Sta di fatto che la bellezza stravolge tutto, e questa regola valse anche per il piccolo e stretto paese.
di Ermanno Gelain
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