giovedì 4 luglio 2013
Mi immaginai in qualche posto
Mi immaginai là, seduto sul bianco e verde acqua treno, che scivolava dolce sulle rotaie. E dondolando lo zaino facevo brillare gli occhi sulla speziata aria dell'India. Rientrato poi nel vagone, non avevo caramelle, non avevo giocattoli per i bambini vivaci, ma sentivo il profumo della terra africana. Quell'intenso rosso aranciato da colorare per sempre la gomma delle scarpe. O le tieni o le butti via.
Ad un tratto mi immaginai l'impulso di scendere, posare il piede nella foresta selvaggia, una metropoli di alberi. Ma la perfetta solitudine e avventura immaginata si stava trasformando nella mia mente, diventando compagnia seducente. Quale aspettative di mangiare paesaggi e di baciare rose?
E in quel momento mi immaginai di aspettare il treno in una stazione remota dell'Alaska. Arrivò e le montagne mi salutarono con fragori di valanghe. Il freddo e bianco mi lasciarono, mi immaginai.
Venduto lo zaino ad un cinese incuriosito, mi sedetti e immaginai di non immaginare più. Mi accorsi dunque dell'eleganza dei miei vestiti, mi stupii dell'intensità dei miei talenti, condivisi il tempo e lo spazio con la donna di capelli neri. I suoi occhi di nero carbone, così tanto da non poter distinguere iride e pupilla. Tanto da non poter farsi domande. La sua pelle di sapor caffè-latte e la sua bocca di sapor fragola. Vestito di fiori di campagna.
Ritornai al mio corpo, chissà dove, lassù e capii che era ora di tornare giù.
di Ermanno Gelain
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