da Il filo unisce,
Tutto era accaduto
cento metri prima di uscire da quella che era stata un’arrampicata faticosa,
lunga e stressante
Gli imprevisti non
erano mancati. A Sean erano volati via dalle mani appigli apparentemente
solidi, causando cadute di metri e metri ed alla sua compagna l’inconveniente
di dover sopportare l’ira che si scatenava dopo ogni volo. Quel giorno la
roccia sembrava voler spingere la coppia giù, verso la base. Forse un modo per
esprimere la volontà di non voler esser scalata, di non voler esser sfiorata,
ma all'uomo non interessava e non dava seguito ai messaggi. Voleva arrivare in
cima. La roccia e Clare dovevano fare silenzio.
Ma ora, in quei cento
metri prima di terminare la parete qualcosa era successo. Recuperando Clare,
l’anello di sosta del terrazzino aveva ceduto, staccandosi completamente dalla
roccia. La mancanza di scarico del peso aveva catapultato Sean a testa in giù
nel vuoto più totale, tenuto solamente da un chiodo piantato come ulteriore
sicurezza, dopo aver visto le condizioni dell’anello arrugginito.
Immaginate un filo
teso, così teso da produrre suono se mosso. Immaginate che esso non possa
cadere nelle mani della sarta solamente grazie ad un piccolissimo ago
conficcato nella stoffa. Immaginate l’instabilità di quell’unione con la vita e
riportatela a Clare e Sean, i quali si trovavano agli estremi della corda,
ambedue in aria a 1300 metri dal suolo sassoso.
Sean non sapeva cosa fare;
la pressione della compagna lo stava sfibrando e gli impediva qualsiasi
movimento. Come Clare, lui era troppo distante dalla roccia per potersi
avvicinare, attaccare e affievolire il suono del filo.
Respirare voleva dire
mandare giù bolle d’aria caldissima; gli occhi infiammati, lucidi e affondati
nel panico incontrarono quelli di Clare, i quali capivano bene la situazione,
ma erano tutt’altro che impauriti.
Nel profondo azzurro,
ricamato da sottili linee di bianco pizzo e verde muschio, c’era qualcosa che
si esprimeva; qualcosa di immenso. Qualcosa che non agitava, ma calmava il
respiro del suo compagno. Rapito, lui scavò sempre più a fondo, e scoprì che
l’azzurro, il bianco e il verde in realtà si fondevano insieme, variando colore
e forma. Si accorse di non riuscir più a definire il colore degli occhi. Tuttavia
ciò non era importante e passava in secondo piano rispetto a quel qualcosa che
aveva visto nel profondo. E quel Qualcosa prese ancora più potenza, quando gli
occhi di lei si bagnarono e illuminati dal riflesso del coltello tagliarono il
filo. L’estremo cadde nelle mani della sarta. Un brivido partì dalle spalle e
fluì fino alle nuca dell’uomo.
Le pupille di lui rimandavano
la figura della donna che stava volando giù. Precipitavano gli occhi, le labbra
rosse e generose assieme ai capelli oro, aquiloni che si libravano in cielo. Quella
donna, inarrivabile da tutti. Bellissima, intelligente, era stata per lui
imbarazzo iniziale, conquista e stupore nel momento in cui disse: “Sì, esco con
te, a patto che non mi porti ad arrampicare, perché ho paura”. Una promessa non
mantenuta.
Quella donna che stava
rispondendo alle leggi della gravità aveva rivoluzionato totalmente il suo modo
di vivere, di porsi in relazione. Con Clare bisognava prima di tutto amarsi in
maniera profonda. Nessuna differenza tra
sé e l’altro.
Libero dal peso, ora
era in grado di risalire la corda, ma rimase immobile a testa in giù.
Il respiro ora era
così profondo da ricoprire qualsiasi rumore di sottofondo. I suoi occhi sott'acqua cercavano di guardare le cime delle montagna innevate.
La luce riflessa nella
neve distante luccicava nella mente dell’uomo salvo. In quel momento di bagliori
e di riflessi il pianto iniziò e finì scorgendo il mare, il blu intenso.
Il blu intenso e il
respiro simile all'andare e al tornare delle onde.
Lui grazie al
sacrificio di lei era salvo. Ora doveva mettere in pratica da solo ciò che lei
aveva insegnato.
Doveva risalire la
corda.
di Ermanno Gelain