lunedì 29 aprile 2013
mercoledì 3 aprile 2013
Il Respiro del lupo: L'amore in una fotografia
Parte 2 di Il Respiro del lupo
L'amore in una fotografia
L'amore in una fotografia
Alle sei del mattino risuonò
la sveglia per tutta la casa e senza perdere istanti preziosi Robert si alzò automaticamente.
A pieni polmoni ricordò l’avvenimento del giorno precedente. Non era stato un
sogno e con la notte la sua decisione non aveva perso d’intensità. Sebbene
fosse padre, sua figlia oramai era grande e si era trasferita con la propria
prole in una "vera" cittadina, lontano da quei paesaggi ghiacciati e stridenti
con le nuove generazioni e con le nuove richieste dal mondo. A malincuore
percepì che doveva slegarsi dalla sua piccola casetta nel piccolissimo paese,
sputato nell'immensa Alaska. Doveva lasciarsi finalmente dietro una monastica
vita, scandita dal lavoro, dal freddo e dai sacrifici.
Fece colazione velocemente e
si vestì. In bagno si guardò allo specchio. Occhi scuri, pelle rugosa e colorata
di rosa dalle basse temperature quotidiane. I suoi capelli e la sua folta barba
avevano deciso decenni prima di imbiancarsi,
forse nel tentativo di mimetizzarsi nell'ambientazione esterna. Egli non era
molto alto, ma l’altezza bastò per riuscir a svolgere i duri compiti di boscaiolo
e di musher, guidatore di slitte nei periodi di necessità economiche. La sua
figura robusta e ben piazzata rimandava al carpino, l’albero che nei pendii
scoscesi sfida da secoli le montagne, le
quali con indifferenza scagliano contro il tronco sassi, fango, neve e freddo. Come
il carpino, Robert aveva imparato a riparare le fratture superficiali, ma nella
profondità invisibile i crepi erano rimasti, presenti e doloranti. Era per questo
che ora stava indossando la giacca pensante, il berretto e la sciarpa. Prese le
chiavi dell’auto. A quel punto però il suo tronco fece “Crack”, il tipico suono
del legno spezzato. Sul tavolino dell'entrata principale posava una
cornice. Era sua moglie che lo ammirava con sguardo affascinato ed innamorato,
come aveva sempre fatto durante la loro vita condivisa tra quelle pareti. Con
le chiavi del pick-up in mano Robert si vergognò profondamente. Sentiva che la
stava scaricando in maniera troppo frettolosa e disinteressata. Come poteva dopo averla corteggiata per anni, con tanta fatica, tante delusioni e tanti
contendenti dei paesi limitrofi? Lei, donna affascinante e carismatica, era rimasta
inizialmente indifferente ai suoi corteggiamenti, per poi sciogliersi magicamente
tra le sue braccia dopo un “Ti voglio vivere”, l'ultimo tentativo. Lì in
piedi ricordava il matrimonio, l’odore del primo caffè, la prima cena romantica
e l’estate tiepida, affaticati nella costruzione della loro casa. Ricordava che
non aveva mai mangiato da solo; Annette si svegliava con lui prestissimo e lo
aspettava fino a notte inoltrata, cercando di mantenere la cena e la casa
calda. La ricordava sdraiata sul divano, accarezzarsi le curve perfette del
pancione e guardalo con gli occhi gioiosi e un po’ lucidi. Come faceva ora a
far scivolare via tutto senza ritegno? Le sue paure più intime e segrete le
aveva prese e mostrate a lei, lei con il sorriso aveva fatto altrettanto e mai
lo aveva giudicato.
Fu grazie a tutto ciò che nello
scaglione dei cinquant'anni quando i due corpi iniziarono a riassumere il
tempo, il sentimento cambiò, seguendo istintivamente lo stesso amore di sempre.
Ricordava come fosse ieri il
lungo tragitto verso Kodiak, con l’obiettivo di andare ad esaudire il loro
desiderio, attraversare l’America latina e assaporare il sole e il caldo. Guardarsi
per più di un’ora in costume sdraiati sulla sabbia. Lui ricordava ancora tutto
perfettamente, sua moglie Annette invece aveva iniziato a confondersi e a dimenticare
prima le chiavi di casa, poi la spesa in drogheria, i nomi degli amici, dei
vicini, di sua figlia, dei suoi nipoti. Fino al momento in cui quegli occhi
scuri, per lui sempre stati accattivanti e pieni d’intesa, cambiarono del tutto
e dimenticarono anche il nome del marito ed il suo. Da allora ci furono pochi
mesi faticosi per Robert, ma dediti alla sua “ragazza” fino alla fine. Il ricordo che
chiudeva la lunga fila era la prima colazione e la prima cena da solo.
L’orologio scoccò le sette e
fece comprendere al vecchio che aveva passato circa venti minuti davanti alla
cornice. Si accorse che la vista era annacquata e il respiro entrava e usciva
difficilmente. Strette e doloranti nella morsa delle mani c’erano le chiavi. D’impulso
afferrò la cornice e liberò la foto. Se la mise in tasca e non contento ne prese
un’altra di loro due, giovani e imberrettati per il freddo, e infine una della figlia
Madaleine con i nipoti. Forse non era pronto per partire, ma non voleva
aspettare i seguenti “Crack”, poiché tra lo scrocchiare del legno poteva
celarsi quello definitivo, abbattendo così il carpino.
Inoltre, alla visione dell’incontro
selvaggio tra il giovane e il lupo bianco, qualcosa in lui si era destato e ora
appariva chiaro. Voleva che il giovane Louis venisse con lui, perché con lui
aveva iniziato a crescere, lavorando sodamente. Voleva che condividesse il viaggio, forse senza ritorno. Perché, dopo un'attenta analisi, si rese conto che quel giovane animo solitario non era adatto alle lande
desolate. Sapeva che il giovane Louis era cambiato nettamente dopo l’incontro. E così serrò la porta principale e accese il pick-up bianco
dal freddo. Avrebbe detto tutto al giovane e avrebbe poi aspettato una sua
risposta. Nel frattempo aveva già preparato la sua slitta, i bagagli e
aveva richiamato la muta di cani che fremevano di rompere il bianco strato nevoso. Il richiamo a qualcosa di nuovo era iniziato. Forse lo stesso valeva per Louis. Ingranò e partì.
di Ermanno Gelain
di Ermanno Gelain
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